La Sicilia è una terra di antiche leggende e tradizioni. Non di rado, a queste tradizioni si legano molte credenze popolari e diverse superstizioni. I siciliani hanno i loro precisi rituali scaramantici. Sono tutti così superstiziosi? No, non generalizziamo, ma come recita un celebre detto popolare siciliano: “Nun ci cririri… ma guàrdati”, ovvero “Non crederci, ma fa’ attenzione”. Scopriamo di più sulla Sicilia superstiziosa e i suoi simboli portafortuna.
La Sicilia superstiziosa e i suoi simboli portafortuna:
Tra le più note superstizioni siciliane vi è sicuramente quella del malocchio. Una simile credenza è diffusa in buona parte del Sud Italia e del Mediterraneo più in generale. Secondo la tradizione, il malocchio è la conseguenza nefasta di un’occhiata malevola. Questa occhiata carica di energia negativa può essere ricevuta per vari motivi, soprattutto per invidia, o per gelosia. Per liberarsi dal malocchio, ci si rivolge solitamente alle donne. Nella tradizione siciliana, sono le donne di famiglia che si passano di generazione in generazione gli scongiuri da recitare per liberare un soggetto dalla negatività degli sguardi malevoli.
Generalmente, nella cultura cristiana il venerdì è ritenuto un giorno sfortunato. Questo non vale per i siciliani. In Sicilia era radicata la credenza che i bambini nati di venerdì fossero dei privilegiati. Oltre a godere di forza e di spiccata intelligenza, i nati di venerdì avrebbero anche delle particolari facoltà medianiche. Sempre secondo la tradizione, i nati di venerdì non possono essere stregati, non possono essere vittime di malocchio e non sono turbati dagli spiriti che infestano gli ambienti. Inoltre, a Palermo, il venerdì si andava alla chiesa delle Anime dei corpi decollati a dire il rosario per poggiare poi l’orecchio su una lapide, nell’attesa che arrivassero risposte dagli spiriti. A Trapani si conservano le uova di gallina deposte il Venerdì Santo.
La Trinacria è il portafortuna siciliano per eccellenza. Questa figura mitologica femminile è costituita da tre gambe (che rappresentano capo Peloro a Messina, capo Passero a Siracusa e capo Lilibeo a Marsala) e dal volto di Medusa. Come da tradizione, sulla testa di Medusa al posto dei capelli troviamo dei serpenti, animali simbolo di rinnovamento e rinascita (il serpente è l’animale che cambia pelle). Intrecciate ai serpenti troviamo delle spighe di grano, simbolo di fertilità e di prosperità. La Sicilia, d’altronde, rappresentava il granaio dell’Impero Romano.
Secondo un proverbio siciliano: “Cu chianta pitrusinu chianta guai” ovvero “Chi pianta prezzemolo, pianta guai”. Il prezzemolo si coltiva in campagna, o si compra al bisogno, ma non si pianta in casa. Se si ha una figlia femmina, in casa non dovrebbe esserci nemmeno una pomelia (detta anche frangipani). Questa potrebbe non sposarsi se il fiore è in casa. Invece, la pigna è un frutto molto particolare, che aprendosi sparge i suoi semi tutt’intorno a sé. Per questo le pigne vengono considerate simbolo di fertilità e d’abbondanza. Nell’iconografia siciliana le pigne sono elemento molto ricorrente, si ritrovano ovunque, tanto all’esterno degli edifici che all’interno delle mura domestiche. Sono un elemento decorativo molto diffuso. I maestri artigiani di città come Caltagirone realizzano pigne in ceramica di ogni colore e dimensione. Queste, oltre a essere vere e proprie opere d’arte, sono souvenir apprezzatissimi di uno splendido viaggio in Sicilia.
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Foto di Lidine Mia per Wikimedia / ignartonosbg per Pixabay
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