Il jazz siciliano ha lasciato un’impronta indelebile sulla scena musicale mondiale, e molti storici della musica lo hanno riconosciuto. Il tema è stato trattato anche da Renzo Arbore nel suo documentario “Da Palermo a New Orleans… e fu subito Jazz“. Personaggi come Nick La Rocca e la sua band, l’Original Dixieland Jazz Band, sono stati protagonisti di questo straordinario contributo. La Sicilia, sorprendentemente, si è rivelata la culla di questo genere musicale, risalendo al 1917, quando La Rocca incise il primo disco che avrebbe rivoluzionato per sempre il mondo del jazz. Questa registrazione non solo segnò un momento cruciale per il genere, ma influenzò profondamente il modo in cui il jazz sarebbe stato concepito e interpretato negli anni a venire, confermando il legame inscindibile tra la Sicilia e la nascita del jazz moderno.
La Sicilia del jazz, origini e curiosità:
Nick la Rocca (il vero nome è James Dominic La Rocca) era figlio di immigrati italiani che nel 1880 erano sbarcati a New Orleans per cercare fortuna, come molti altri loro conterranei. I La Rocca erano una famiglia di virtuosi musicisti, ma Nick, in particolare ,si dedicò anima e corpo alla musica fino a fondare la sua band nel 1909, la Original Dixieland Jass Band diventata, poi, Original Dixiland Jazz Band. Assieme a lui suonavano Tony Sbarbaro (siciliano anche lui) Eddie Edwards, Larry Shields, Henry Ragas.
Il 26 febbraio 1917 incisero un 78 giri, “Original Dixieland – One step e Livery Stable Jazz”, a oggi considerato il primo disco della storia del jazz, che consacrò la band a una popolarità tale da far loro raggiungere il milione e mezzo di copie vendute. Suonarono in tournée e si fermarono sia a Londra sia a Glasgow per esibirsi al cospetto della Famiglia Reale inglese, in occasione della firma del trattato di Versailles che pose fine alla Prima Guerra Mondiale.
Fu un personaggio molto controverso. Il suo orgoglio nel considerarsi “l’inventore del jazz” è stato interpretato da molti come una posizione razzista nei confronti dei musicisti afroamericani. In verità all’epoca le comunità siciliane e afroamericane condividevano una vita difficile negli Stati Uniti, fatta di discriminazioni e segregazioni, e non è strano pensare che la cultura italiana, così come quella afroamericana, si siano influenzate a vicenda dando origine ad un grande capitolo della storia della musica.
Tornato in America, il Proibizionismo faceva fiorire il jazz e le sue derivazioni solo nell’illegalità. La Rocca entrò in una profonda depressione e la band si sciolse nel ’25. Nonostante tutto, continuò a suonare per i successivi trent’anni, acquisendo anche della popolarità per brevi lassi di tempo molto. Morì nel 1961.
I siciliani emigrati negli Stati Uniti, o i musicisti che avevano comunque una discendenza siciliana, hanno contribuito ad arricchire il panorama jazz a New Orleans e Chicago. Molti di loro adottavano nomi tipici americani per facilitare l’integrazione, viste le frequenti discriminazioni che erano costretti a vivere. Ciò che incuriosì della tradizione musicale siciliana, ma anche delle continue sperimentazioni dei suoi musicisti, fu l’uso della trombetta e l’impiego che se ne faceva nelle bande di paese in Sicilia: un suono squillante, difficile da sentire fra le comunità afroamericane.
Di artisti leggendari ce ne sono stati tanti e nominarli tutti sarebbe impossibile. Ricordiamo ad esempio Tony Schirò, che studiò chitarra e banjo con Johnny St. Cyr, uno degli Hot Five di Louis Armstrong. Oppure Leon Roppolo, il clarinettista che suonò nei New Orleans Rhythm Kings. O ancora Louis Prima, figlio di un emigrato di Salaparuta come La Rocca, che entrò nella Hall of Fame del jazz nel 1993 e reinterpretò canzoni come “Sing, Sing, Sing” o “Just a Gigolò”. In loro memoria, la Sicilia conserva ancora una grande tradizione di Festival dedicati al jazz.
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Photo Credits
Foto di Infrogmation per Wikimedia / picryl / William P. Gottlieb da Wikimedia
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